A colloquio con Danilo Ravelli

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A colloquio con Danilo Ravelli

La maggior parte delle persone conoscono Danilo Ravelli per il lavoro che svolge in seno al Comitato di categoria, come rappresentante del personale presso cablex o per il suo impegno in qualità di presidente della sezione Comunicazione in Ticino. Danilo è attivo da 30 anni presso cablex e ha vissuto in prima persona la trasformazione dalla PTT in Swisscom fino alla fondazione di cablex. transfair ha parlato con lui del suo lavoro, del Covid-19 e delle ulteriori sfide della categoria.

Robert Métrailler

Caro Danilo, prima di entrare nell’argomento, raccontaci un po’ di te.

Salve a tutte le lettrici ed i lettori nonché ai membri di transfair. Mi chiamo Danilo Ravelli, sono felicemente sposato da 30 anni, con 3  figli di 15, 24 e 28 anni. Abito nel soleggiato e ridente paese di Cadenazzo, tra Bellinzona e Locarno. I miei hobby sono molto semplici, mi piace camminare e fare delle passeggiate, e pedalare con tranquillità godendomi il panorama. Sono iscritto al sindacato transfair dal 2017.

A livello lavorativo, sei attivo in cablex. Da quanti anni?

Lavoro da ben 30 anni prima in PTT, sigla che sta per Poste, telefoni e telegrafi, poi, dopo l’infelice ristrutturazione, con Swisscom e sempre con Cablex, che quest’anno compie 20 anni.

Come mai «infelice» ristrutturazione? Quale elemento ritieni che manchi maggiormente oggi a Cablex o Swisscom che avevano una volta le PTT?

Questa privatizzazione ha portato ad una forte perdita di personale, e dal mio punto di vista l’entità PTT, siccome raggruppava diversi settori, era anche più forte.

Sei molto impegnato, anche come rappresentante del personale di cablex. Da quanti anni sei nella rappresentanza del personale? Cosa porti avanti in questo ruolo?

Praticamente da sempre. Grazie a questo ruolo posso raccogliere i sentimenti e le impressioni dei miei colleghi, e riportarle a chi di dovere per trovare delle soluzioni. A volte un intervento mirato e puntuale, aiuta ad evitare che un problema diventi tale. A volte si tratta solo di incomprensioni e piccoli accorgimenti, altre volte è importante anche l’intervento del sindacato e non solo del rappresentante del personale. Per questo motivo, oltre a svolgere questa funzione, sono anche attivo a livello di comitato della sezione Comunicazione di transfair in Ticino, dove da qualche anno ricopro pure la funzione di Ppresidente. Sono contento di questi ruoli, perché mi permettono di aiutare concretamente i miei colleghi.

Da più di un anno il Coronavirus è diventato parte integrante della nostra vita. Cosa è cambiato in questo anno di pandemia, nella tua attività? ed inl qualità di rappresentante del personale?

A dire il vero non è cambiato quasi nulla; tutti lavoriamo quasi come sempre. L’unica differenza è che abbiamo dovuto inserire nuove misure di protezione che osserviamo scrupolosamente, come anche il distanziamento sociale. Sicuramente è cambiato il modo di comunicare e riunirci: le nostre riunioni sono per la maggior parte delle volte in videoconferenza, una modalità che personalmente non apprezzo per niente. Preferisco trovarmi di persona, guardare fisicamente in faccia il mio interlocutore, e non solo attraverso un video. Ma ormai, siamo tutti sulla stessa barca, e dobbiamo fare di necessità virtù. In qualche modo, se non vogliamo restare bloccati, dobbiamo lavorare con queste nuove modalità, sperando di poter tornare presto ad una nuova/vecchia normalità, nella quale ci si possa tornare ad incontrare fisicamente e non solo virtualmente.

Come rappresentante del personale sei una persona di riferimento diretta. Quali sono stati i maggiori problemi da affrontare e che ti hanno riportato i collaboratori?

Ci sono diverse problematiche che dobbiamo affrontare quotidianamente, e per le quali intervengo come rappresentante del personale, oppure riporto a transfair in modo che questo possa intervenire in qualità di partner sociale. Ultimamente i problemi da affrontare sono impellenti e riguardano soprattutto aspetti concreti e pratici, che però incidono sulla quotidianità in maniera non indifferente, soprattutto durante il recente periodo invernale. Il fatto che tutti i bar ed i ristoranti siano chiusi ha un impatto negativo molto importante. Siamo sempre fuori, al freddo, non abbiamo un posto dove andare a mangiare, dove scaldare il nostro pranzo anche se lo portiamo da casa. Le pause sono quindi sempre all’esterno, non c’è modo di “staccare” come normalmente si poteva fare prima. In alcune circostanze non è nemmeno da sottovalutare la mancanza di servizi igienici. Chi lavora in ufficio forse non si rende conto delle difficoltà pratiche e concrete che devono affrontare il collaboratori attivi all’esterno.

A prescindere dal Coronavirus, quali sono le principali sfide future?

Per avere un futuro è necessario impegnarsi in questo presente. Dobbiamo lavorare bene in quanto la concorrenza diventa divinata sempre più spietata ed agguerrita. Aiutare l’azienda a restare concorrenziale è di fondamentale importanza, ed ogni singolo collaboratore gioca un ruolo fondamentale per raggiungere questo obiettivo.

Quali sono i tuoi desideri/le tue speranze per il futuro?

Desidero un futuro nel quale possiamo tornare a riunirci, e passare del tempo sia dentro che fuori all’aperto, con famigliari ed amici. Godendoci il nostro territorio, la nostra natura ed i nostri affetti. Liberi da restrizioni, e con un mercato del lavoro in ripresa, che possa dare a tutti un lavoro dignitoso e soddisfacente. E naturalmente, sempre a fianco di transfair, il partner affidabile nel mondo del lavoro!

A proposito di transfair, sei diventato membro nel 2017. Perché hai deciso di aderire a transfair? Qual è il motivo che ti ha convinto che fosse la cosa giusta da fare?

È stata Nadia Ghisolfi a convincermi dei buoni ideali del sindacato. Sono contento di avere il sindacato al mio fianco quando si tratta di sostenere in modo concreto il personale. In caso di problemi, so a chi rivolgermi e ho la certezza di poter contare sempre sull’aiuto di transfair.